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Immagine del redattoreM.

Freccia

«Merda, siamo già in ritardo. Vedete di muovere i culi, che fra un’ora c’è da svuotare il set.»


La voce dell’assistente alla regia era gentile come un concerto di gatti squartati. I cameramen si attaccarono alle macchine come cozze. Uno di loro ripensò con affetto a quando lavorava nell'industria del porno, che a confronto alla TV del dolore aveva un ritmo rilassato. Una schiera di manovali osservava, le braccia incrociate, pronta a rimuovere dal set ogni cosa che avesse il marchio TMZ.


Nei camerini, una manager preparava le sue due comparse cercando di innalzare il morale.

«Facevo queste cazzate vent’anni fa.» Non le faceva. Aveva partecipato a un reality sui fetish strani, dove aveva preteso per due settimane di avere una fissazione per gli ombelichi. Una performance bizzarra, una fama moderata, di lì il bisogno di reinventare una carriera.


«Mostrate bene il profilo quando gemete. Come ci siamo allenate. Ho visto le attrezzature ed è tutto sicuro, un bicchier d’acqua, quindi rimanete concentrate.» Una delle due comparse, Lenore, sui social Lienoir, sudava freddo. A favore di camera si vedevano i solchi salati dove avevano eroso il fondotinta. «Trucco!»



Il gruppo degli effetti pratici aveva finito di mettere a punto gli ultimi particolari. Quattro comparse minori, prese in prestito da un programma sulle diete estreme, avrebbero incoccato le frecce e teso le corde degli archi (quattro compound olimpionici da 50 libbre).


Non avrebbero scoccato. Su questo c’era stata chiarezza. Il suono delle corde, così come il tragitto dei proiettili in aria, sarebbe stato aggiunto in post-produzione con l’AI di TMZ.


A tirare sarebbero state invece delle macchine a puntamento laser, precise al millimetro, riutilizzate da un set di un film sulla caccia all’uomo. Quattro punti d’impatto diversi per dare l’illusione di casualità. Per esempio, la bella Lenore sarebbe stata colpita giusto sopra al bacino, in un punto che assicurava un certo effetto in termini di sangue, ma evitava gli organi vitali.


La stagista alla regia passò con sguardo spaurito: «Dov’è Minty? Minty serve per la pre-intervista!»


In un attimo di improbabile calma, due operatori si videro offrire dal regista delle strisce di coca tagliate con l’ingrediente segreto e accettarono. Minty venne eventualmente trovata. Il suo personaggio era stile post-bio punk alternativo, con accenti pastello, come il colore dei capelli o del bikini striminzito body-positive. Il suo manager l’aveva recuperata da un attacco di panico ma era riuscita comunque a leggere le risposte alla pre-intervista.

Partì lo stacchetto musicale – non si poteva mettere in post? – e le concorrenti al gioco vennero accompagnate da un valletto in perizoma alle colonne. Il format era davvero semplice. Come sempre si finiva di fare tutto quel tran tran per al massimo cinque minuti di girato. In post-produzione ci avrebbero poi ricamato sopra, con tanto di introduzione e zoom drammatici da quattro o cinque angoli diversi.


Lo special di quella settimana si chiamava “lo shot di Sebastiano”, dopodiché ci sarebbe stata un’eliminatoria. Un gruppo di paramedici dall’Ospedale Per Azioni Padri Fondatori si fecero largo a spallate tra i manovali per intervenire quando si fosse spenta la sirena di regia.

Una volta assicurate le concorrenti alle colonne, il direttore degli effetti di scena si mise fuori campo, di fronte ai quattro cretini con gli archi di mimare la mossa.


Fu fatto segno di incoccare. La presero giusta alla prima. Fu fatto segno di tendere. Il ronzio dei carrelli della dolly si mischiò alla tensione nelle carrucole degli archi compound. Le frecce: ultima generazione, senza una vera e propria lama all’estremità, solo l’affusolato splendore del metallo. Il direttore fece segno con la mano orizzontale, tipo, non se ne fa più niente, e i quattro rilassarono la corda lentamente.


Quattro click secchi, due grida e un mugolio. Eccolo, l’apice. La danza dei cameramen era un’euforia di api, ognuno con la miglior ripresa da fare. Curiosamente, tra di loro esisteva una competizione non troppo diversa dalle concorrenti.


A proposito delle concorrenti: Lenore fissava un punto in alto a destra con espressione patita, mentre mugolava suggestiva (come studiato); tuttavia, gli spasmi del suo corpo e la spessa riga di sangue che le colava lungo la coscia erano reazioni genuine. Il cameraman associato ne fece una ripresa naturalistica.


La macchina invece che puntava su Minty aveva avuto un errore di calibrazione, e invece di mandare la freccia nel deltoide destro era scivolata un po’ più in basso, sopra il seno, in zona un po’ pericolosa per un discreto rischio di travaso di silicone nei polmoni. Ma lei aveva una bella impressione di stupore genuino.


I paramedici scalpitavano, certo, ma il regista era attaccato alla camera di regia con entrambe le mani e sbraitava indicazioni, odorando una performance se non della vita comunque di rilievo, una di quelle cose da portfolio. Una delle spie finalmente si spense e venne il team di primo soccorso – le concorrenti vennero slegate mentre si facevano gli ultimi primi piani sui volti sudati, sulle labbra schiuse e sulle ferite.


«Bravissime, bravissime!» Sirena di regia spenta, partì l’applauso spontaneo della troupe. La manager di Lenore e dell’altra ragazza si maledisse per la sfortuna, già subodorando che l’incidente di Minty avrebbe rubato la scena alle sue. L’assistente di regia sbatté le mani e le concorrenti furono caricate su barelle convenzionate.


Tempo di mandare tutto in montaggio con le post-interviste, che erano già state girate qualche giorno prima.



 

SCRITTOBRE è una sfida per scrittori. 31 giorni, 31 parole, un solo obbiettivo: scrivere qualcosa a tema ogni giorno.


Sto seguendo le parole votate nel gruppo telegram di Fabio Scalini.






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