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  • Immagine del redattoreM.

DOPAMINA



Dentro un cabinato del grattacielo Ferrero, Anita distende lievemente le braccia dal corpo, lasciando che lo scanner prenda la sua perfetta immagine 3D. Sullo schermo a parete appare il suo avatar. Sorride. Poi, menù a scorrimento oculare. Seleziona l’opzione per nascondere i prezzi. Vestiti. Accessori. Tacchi. Infine, visualizzazione di possibili contesti sociali. Cena alla maison alpina di un ricco scapolo, suggerisce il cabinato. Carica l’immagine di un piccolo eliporto privato sulle pendici svizzere del Monte Bianco.


Lungo i corridoi dei piani commerciali cinquecento cabinati simili allineati in maniera discreta e piacevole alla vista sono la naturale evoluzione del concetto di centro commerciale.

Fuori dal gabbione di vetracciaio i megaschermi trasmettono una faccia politica. «Hanno iniziato la guerra alla droga,» dice, «e il nostro governo l’ha vinta.»

Sulla strada un fulminato sta chino contro la saracinesca abbassata di un negozio dismesso. Si chiama Marco, per chi lo chiama ancora con qualcosa che non sia un singulto. L’occhio destro, tumefatto e giallo, rivela una dose di gocce alla nicotina non più vecchia di tre giorni. L’altro guarda uno stormo di ragazze prese a passarsi addosso selfie con filtri di iper-connessione. Fissa l’iride su una ragazza, la pensa in chiesa, la pensa in cantina, guarda il marciapiede, si vergogna di sé stesso e ricomincia.


Due piani più in su un santone obeso siede su un divano sfondato, nella sua mano un calice grondante di miele in cui una sottile polverina bianca ancora legate è dissolta in quantità risibili, eppure a concentrazioni abbastanza rilevanti da permettergli di praticare il rito, una promessa abbastanza invitante da far sì che la sua congrega gli si spalmi addosso, lo abbracci, anelando di suggere dal calice della comunione, lo stringa in uno sciogliersi di corpi di cui può godere solo al livello più basilare di contatto pelle-a-pelle.

Non pensa più al medico che, per un errore di registro nel sistema sanitario, l’ha castrato vent’anni prima.


Ed è infine Molly. Molly nella camera stretta che deve condividere con i due cugini che ora sono chiusi in una scuola serale, Molly che si è abituata all’odore perenne di sudore stantio che aleggia in quello spazio di tre metri per due. Ha le dita umide e il visore ben calato sugli occhi, solo un’auricolare nell’orecchio destro, quello sinistro sempre teso verso la porta. Un gioco sulla tensione degli elastici dell’intimo.

Non c’è molto tempo per quello che deve fare, ma quello che deve fare ha il suo modo di prolungare il piacere con il piacere dell’attesa. Un rumore improvviso nel corridoio proprio mentre la star del cinema dentro il visore si china per baciarla, un dito che scivola troppo a fondo, la voce roca dei suoi tutori legali e la possibilità che qualcuno entri all’improvviso nella camera.

Inarca le dita dei piedi contro il lenzuolo e si gode la sua possibile colpevolezza. Imbarazzo e adrenalina.


Il mercato soddisfa tutti i nostri bisogni, e non si compiace del male.


 

SCRITTOBRE è una sfida per scrittori. 31 giorni, 31 parole, un solo obbiettivo: scrivere qualcosa a tema ogni giorno.


Sto seguendo le parole votate nel gruppo telegram di Fabio Scalini.



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